Stefano Rolando da anni contribuisce ad animare – nelle istituzioni, nelle professioni, nelle università, in Italia e nel dibattito internazionale – l’evoluzione della comunicazione pubblica.
Ricapitola ora il percorso, descrivendo i cambiamenti del modo con cui politica, istituzioni, media, imprese, associazioni e cultura potrebbero e dovrebbero interagire oggi nel dibattito pubblico, attorno ai temi di fondo della storia comune e della cultura dello sviluppo.
Proponendo un livello di percezione del tema - al di là delle condizioni normative con cui esso è agito nelle pubbliche amministrazioni – utile alla sinergia tra stato e società. In un’epoca di crisi e di trasformazione della nozione stessa di democrazia, ma anche in contesti di riorganizzazione e ridisegno di prospettive. Soprattutto in quel rapporto tra pubblico e privato fatto insieme di snellimenti, riforme, deleghe e sussidiarietà che nelle democrazie occidentali va sotto il nome di “Big Society”.
Dunque una comunicazione pubblica ibridata tra dinamiche politico-istituzionali, socio-economiche e culturali. Per superare l’insufficienza di una gestione limitata alle pubbliche amministrazioni e condizionata oltre il necessario dalla politica. E per questo rianimata dalla potenzialità della rete e da una ricerca di spazi di libertà e partecipazione oltre a quelli che media e burocrazia intendono concederle. Un comunicazione funzionale al tema di fondo, appunto, della identità competitiva e solidale.
Dopo tante riflessioni e proposte nate dentro una speranza di modernizzazione della pubblica amministrazione, è venuto anche il momento di pensare a un ambito di opportunità e di soggetti che nutrono in modo decisivo la rappresentazione di ciò che consideriamo “pubblica utilità”. E che possono essere più protagonisti del cambiamento, all’insegna del fatto che esso è tale se nasce soprattutto da nuovi equilibri di responsabilità sociale più che da un ennesimo decreto. Nelle conclusioni, tuttavia, anche un abbozzo di proposta per un nuovo sistema regolatorio.
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